Carnevale di Montescaglioso:
Il Carnevalone
Le feste ed i riti del Carnevale rappresentano l’occasione nella quale le pulsioni ancestrali più profonde della civiltà agropastorale del Meridione emergono in tutta la loro spettacolarità. In Basilicata, regione che conserva alcune delle tradizioni più complesse e codificate del Mezzogiorno, e in particolare il Carnevalone di Montescaglioso si segnala per la notevole articolazione, per il numero delle figure e il loro significato che compongono i cortei carnascialeschi.
Una sfilata di maschere di origini antiche legata a riti popolari prende vita sin dalle prime luci dell’alba del martedì grasso e accompagnata dal suono cupo dei campanacci, percorre le vie cittadine.
Le maschere e la loro composizione
A cavallo del suo asino viaggia Il Carnevalone, un uomo anziano e panciuto, circondato da Sgherri che si aggirano tra la gente chiedendo un obolo per il loro capo. I cattivi pagatori vengono ammoniti e segnati nel libro nero.
Precede l’arrivo di Carnevalone, l’inquietante Parca che fa roteare il Fuso di legno attaccato ad una lunga corda davanti ai piedi degli ignari passanti, il filo rappresenta il destino e chi se ne fa beffa saltandolo è il Pulcinella.
Del corteo fa parte Quaremma con in braccio il piccolo Carnevalicchio, che presagendo la vicina morte del marito Carnevalone, tra grida e lamenti chiede che non venga negato il pane alla sua creatura.
Tutta la sfilata è un’allegoria delle lotte di classe e dell’inversione dei ruoli, il povero diventa ricco per un giorno e attraverso la follia della festa piano piano tenta la sua rivalsa sociale, prendendosi gioco di tutti i simboli della ricchezza: le tasse, gli eserciti, il destriero, il signore del paese.
Il Carnevalone di Montescaglioso ha origine nel mondo contadino tra massari, pastori e braccianti. I costumi sono realizzati ogni anno con pelli di animali, tela di canapa, di juta ma anche con la plastica dei sacchi per le sementi del grano, carta, cartoni e stoffe di vecchi vestiti o striscioline di carta o fogli di giornale.
Il carnevalone
Nella cultura popolare le tradizioni di Carnevale sono sempre collegate ai riti della fertilità, al risveglio della terra e della natura e all’avvio del nuovo ciclo stagionale agricolo. Il nuovo deve scacciare il vecchio e propiziare la buona annata e la ricchezza delle messi.
La sorte del Carnevalone, il vecchiaccio intabarrato e vestito di nero è segnata. Deve concludersi con la messa a morte ovvero il funerale rituale che a Montescaglioso trova il momento finale nel rogo di Carnevalone, capro espiatorio di tutti i mali della società e del vecchio anno che ci si lascia alle spalle. La funzione purificatrice e rinnovatrice della messa a morte collettiva di Carnevale, si attua in riti che assumono diverse conformazioni nelle varie comunità: il processo a carico di Carnevale, il testamento di Carnevale o come a Montescaglioso la funzione affibbiata al Carnevalone, assiso sull’asino, di denunciare con cartelli irriverenti e sgrammaticati, i mali della società, dei concittadini e delle autorità. Nella tradizione di Montescaglioso il gruppo che sfilava la mattina, quasi sempre, per completare il rito, celebrava la sera tardi anche il funerale di Carnevalone. Egli siede pomposo e con il pancione debordante sull’asino.
Porta sulle spalle i cartelli di insulti e denunce. Spesso mima sacrilegamente anche la benedizione. Ai lati, le bisacce per raccogliere le offerte in natura. Carnevalone è protetto da un ombrellaccio nero e sbrindellato. Funzionalmente l’ombrello sotto il quale si riparavano dal sole o dall’acqua i pastori ed i mandriani. Simbolicamente, l’ennesima protezione cercata in favore della comunità e contro la malannata.
La Quaremma. ‘A Quaremm
Al vecchiaccio che impersona Carnevalone è associata la ”vecchia“ ovvero la “ Quaremma “ vestita di nero e simboleggiante penitenza e digiuno, aborriti dalla massa di pastori e contadini, sempre “ affamati “. Veste di scuro, quasi sempre con un lungo scialle che copre il viso e giunge fino ai piedi e porta in braccio Carnevalicchio. Rappresenta la malannata: non si mangia, non ci si diverte, prelude alla morte. Ed ancora oggi tra i detti popolari è da ricordare “ è brutta come la quaremma “.
Campanacci e Sgherri. l’carnval’
I campanacci ed il clamore, come in tutte le culture ancestrali, sono utilizzati per scacciare il male e nell’associazione tra campanacci “maschi“ e campanelle “femmine“ ancora una volta tornano i simboli della fertilità. L’unione dei due opposti propizierà la fertilità della terra e degli animali. I campanacci sono nelle mani di figure coloratissime contrapposte allo scuro della Quaremma.
I colori rappresentano il richiamo alla gioiosità della natura che è sul punto di risvegliarsi. Compito delle maschere è sbatacchiare all’infinito i campanacci e procacciare le offerte. Il suono può essere ritmato ma anche disordinato, deve però coprire tutto e stordire il gruppo ed i passanti.
L’incontro tra due diversi gruppi di mascherati deve dar luogo ad una contrapposizione infarcita da lazzi, urla ma soprattutto dal suono dei campanacci utilizzati per tentare di sopraffare l’avversario. Chiaro rimando ai conflitti e contrapposizioni nella comunità. Il gruppo dei campanacci circonda l’offerente, il commerciante, il professionista, fino a quando questi non scuce “la donativa“.
Non lasciare un’offerta a Carnevalone significa appartenere alla schiera degli avari e dei taccagni. L’ingenerosità sarà di male auspicio per il malcapitato specie se il richiedente è un bambino che farà la domanda rituale “una cosa per Carnevalone “? E d’altra parte chi meglio di un bambino rappresenta la buona annata e le energie propiziatrici della natura?
Ecco perché si vedono dai balconi e dalle finestre tante vecchiette fare loro piccola offerta a Carnevalone oppure i genitori spingere i più piccoli a lasciare una monetina, un’arancia, un salsiccia, nel canestro di Carnevale.
“ U fus’ “ e la ” Parca “.
E’la figura che apre i cortei del Carnevalone di Montescaglioso ed una delle presenze più straordinarie delle sfilate: ci riporta direttamente al mondo delle popolazioni indigene, greche e romane. Costituisce la personificazione giunta quasi intatta nei riti popolari della “ Parca “ romana, delle “ Moire “ greche.
Sono figure mitologiche che soprassiedono al destino dell’uomo ed al fato inesorabile, rappresentate come vecchie tessitrici. Sono destinate a tre funzioni diverse. La prima dipana il filo della vita e presiede alla nascita; la seconda assegna i destini stabilendo la durata della vita; la terza taglia il filo della vita nel momento predestinato.
Nel Carnevale di Montescaglioso, una vecchiaccia immonda e sguaiata impersonata da un maschio, è armata con un grande fuso agganciato a una lunga corda. Quando il corteo si ferma “u fus’ “ è lanciato in strada. Ruota per terra agganciato alla cordicella manovrata dalla “ Parca “, disegnando un ampio cerchio intorno al quale si assiepano i passanti. Guai a farsi toccare dal fuso. La morte incombe. L’interruzione del cerchio, ovvero l’eterno ritorno dei cicli vitali, rappresenta nella memoria ancestrale delle Parche, l’interruzione del filo della vita e del destino.
Carnevalicchio.
Simbolo emblematico del carnevale demoantropologico montese. La compresenza nel corteo di Carnevalone e Carnevalicchio, ovvero del condannato a morte e del nascituro che però è già nato, segnala un altro elemento di forte complessità. Le forze della natura si risvegliano; le energie della nuova vita, del nuovo anno, premono impazienti.
I cicli vitali e naturali si compenetrano e si sovrappongono in un apparente disordine, il nuovo contro il vecchio, la vita contro la morte, foriero del nuovo ordine che prenderà definitivamente corpo allo scoccare della mezzanotte con il rogo di Carnevalone. Solo allora Carnevalicchio finalmente estenderà il proprio regno sul mondo degli umani che tornati savi nella Quaresima, rientreranno nel nuovo, ma sempre eterno, ordine.
Periodo di svolgimento della manifestazione
Ogni Martedì Grasso
Organizzatore
PRO LOCO MONTESCAGLIOSO Rocco D’Elicio
+39 393 9873850
prolocomontescaglioso2015@gmail.com prolocomontescaglioso@tiscali.it deliciorocco@gmail.com
www.prolocomontescaglioso.it
FB: Pro Loco Montescaglioso G Matarazzo
Montescaglioso
Montescaglioso è uno dei tesori della Basilicata e dal 2012 ha conquistato la denominazione di “Gioiello d’Italia”, ricade nell’area archeologica storica e naturale del Parco delle Chiese rupestri del Materano, dal 1993 Patrimonio dell’Umanità insieme ai Sassi di Matera.
L’importanza di questo comune della provincia materana ruota attorno all’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo (1079), il più considerevole dei quattro complessi monastici che hanno fatto guadagnare a Montescaglioso anche la definizione di “Città dei Monasteri”.
La vicinanza al mare e a Matera, Capitale Europea della Cultura per il 2019, lo rendono punto strategico in estate e in inverno, per coniugare a momenti di relax interessanti visite culturali anche fuori dal paese, alla scoperta del territorio lucano e delle sue versatili sfumature.
Storia
Diverse interpretazioni ruotano attorno alla denominazione di Montescaglioso da “Civitas Severiana”, per Alessandro Severo che ne dominò il centro, a “Mons Cabeosus”, per la ricchezza di caverne. In principio roccaforte bizantina, poi dominata da varie famiglie feudali, lo sviluppo di Montescaglioso è fiorito intorno all’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo (1079), ricca di bellissimi affreschi.
Già a partire dall’età del bronzo si attesta la più antica frequentazione dell’area, ma la costituzione del primo nucleo abitato è documentata intorno ai secoli IX-VIII a.C. La fase altomedievale riporta un’ampia documentazione relativa a Montescaglioso, cui toccherà anche la dominazione Normanna, con Roberto – nipote del più celebre Guiscardo, capostipite degli Altavilla – come primo feudatario normanno.
Tale presenza porterà ad un importante sviluppo urbano e a un notevole incremento demografico. Nel frattempo, oltre all’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo (1079), si insediano anche altri monasteri. La presenza di diversificate aree naturali intorno al territorio di Montescaglioso offrono la giusta dimensione agli amanti del verde e delle attività all’aperto.
Cultura e natura si fondono in questo punto del territorio lucano, dando al visitatore la possibilità di visitare ipogei di straordinaria bellezza e praticare, nel contempo, attività all’aria aperta in totale relax. Beneficiando di panorami stupendi, completamente diversi tra loro, ora immersi nel verde ora più brulli e aridi, ma calati in un’atmosfera incantevole, si può scegliere di raggiungere il Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano, l’area Boschiva di Difesa San Biagio o il Centro Visite Pianelle, a pochi chilometri di Montescaglioso.
Una roccia tenera segnata da profondi solchi che disegnano rupi, grotte e gravine caratterizza la spettacolarità del Parco Archeologico Regionale delle Chiese Rupestri del Materano costituito da oltre 150 chiese rupestri che, insieme alle ricchezze naturalistiche e alle tracce storiche di rilievo, lo rendono centro di eventi di ispirazione musicale, ambientale e intellettuale di valore nel corso dell’intero anno, sfruttando il fascino di palcoscenici a cielo aperto.
Nel territorio di Montescaglioso ricade anche l’area boschiva di difesa San Biagio, che si estende per circa 700 ettari tra il Fiume Bradano e il Torrente Fiumicello e comprende profondi valloni nel tempo scavati dagli agenti atmosferici per la conformazione argillosa del territorio.
A sei chilometri da Montescaglioso, il Centro Visite Pianelle comprende un’aula didattica, una piccola biblioteca e una serie di attrezzature a supporto delle attività che possono essere svolte in diversi momenti della giornata, coordinate su richiesta, con visite ai Sassi di Matera o anche all’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo di Montescaglioso.
Patrimonio Culturale
Diverse interpretazioni ruotano attorno alla denominazione di Montescaglioso da “Civitas Severiana”, per Alessandro Severo che ne dominò il centro, a “Mons Cabeosus”, per la ricchezza di caverne. In principio roccaforte bizantina, poi dominata da varie famiglie feudali, lo sviluppo di Montescaglioso è fiorito intorno all’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo (1079), ricca di bellissimi affreschi.
Già a partire dall’età del bronzo si attesta la più antica frequentazione dell’area, ma la costituzione del primo nucleo abitato è documentata intorno ai secoli IX-VIII a.C. La fase altomedievale riporta un’ampia documentazione relativa a Montescaglioso, cui toccherà anche la dominazione Normanna, con Roberto – nipote del più celebre Guiscardo, capostipite degli Altavilla – come primo feudatario normanno. Tale presenza porterà ad un importante sviluppo urbano e a un notevole incremento demografico.
Nel frattempo, oltre all’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo (1079), si insediano anche altri monasteri.
Enogastronomia
Tradizione e gusto caratterizzano la cucina di Montescaglioso, una delle “città dell’olio” lucane. Non è un caso che sulla tavola montese non manchi mai l’olio extravergine d’oliva lucano DOP, estratto per lo più dalla spremitura dell’oliva Maiatica di Ferrandina, che ne rende delicato e fruttato il sapore, utilizzato in gran parte dei piatti tipici.
Ottime anche le produzioni di prodotti sott’olio quali pomodori, melanzane e carciofini. Il ricco menù comprende la tipica casa fatta in casa, dominano orecchiette e cavatelli, oltre carni ovine e caprine alla brace, e poi la cosiddetta “Cialledda”, una minestra a base di pane, cipolle, olio d’oliva, pecorino e peperoncino. Il tutto, ovviamente, annaffiato da ottimo vino locale, soprattutto in occasione dell’evento enogastronomico “In Vino Veritas”.