Carnevale di San Mauro Forte
L’uso di porre campanacci al collo degli animali d’allevamento è una pratica che accomuna le diverse tradizioni regionali italiane ed europee. In Italia meridionale e nelle isole, in tutto l’arco alpino, ma anche nella pratica pastorale dei Pirenei, della Corsica, dei paesi dei Balcani e via dicendo, agli animali al pascolo vengono posti campanacci di varia foggia e dimensione.
Questi oggetti hanno in primo luogo una funzione segnalatoria e di riconoscimento, sia per gli uomini e sia per le bestie, in secondo luogo hanno una funzione simbolica che richiama lo status del pastore e dell’allevatore.
In ognuna delle tradizioni regionali e locali i campanacci e il loro suono funzionano da emblemi del pastore, come dei contrassegni sonori che ognuno di essi esibisce per essere riconosciuto, stimato e apprezzato nel suo gruppo sociale.
Tale funzione simbolica del suono dei campanacci viene traslata nelle differenti culture anche in altri contesti rituali. Quello più ricorrente è il Carnevale, come accade a San Mauro Forte e in altri paesi della Basilicata.
Un rumore cupo, fragoroso, assordante pervade le strade e i vicoli del paese, si arrampica fino alla maestosa Torre Normanna, dilaga tra i secolari maestosi ulivi della vicina campagna, per andare poi a morire lontano.
È la sagra del Campanaccio, che ogni anno, il 16 gennaio, sconvolge la quieta sonnolenta esistenza di San Mauro Forte, ridente centro della collina materana.
Il rito antichissimo, è legato alla festa di S. Antonio Abate, ma introduce anche alle ingenui follie del Carnevale. Gruppi numerosi di uomini di ogni età girano rumorosamente per le strade del paese, provvisti di enormi campanacci che suonano, tenendoli abilmente tra le gambe. I campanacci sono di sesso maschile e femminile: I “maschi” sono più lunghi ed hanno il batacchio che fuoriesce dalla bocca di qualche centimetro, mentre le “femmine” sono piuttosto larghe. Sono evidenti l’allusione sessuale e il valore simbolico.
Ai Campanacci, infatti, é attribuita una funzione apotropaica e propiziatoria: ad essi tocca il decisivo compito di stornare ogni forma di malanno, come ad esempio la grandine e di assecondare la fecondità dei campi e l’abbondanza delle messi.

Non occasionale è la stessa presenza di una spiga di grano sui mantelli o sugli improvvisati cappelli di paglia, spesso ricavati da qualche vecchia damigiana, che costituiscono parte notevole dello stravagante abbigliamento degli uomini dei campanacci.
Altro elemento essenziale e significativo della sagra è il maiale. Non è un caso che il 15 gennaio, festa del patrono “San Mauro Abate”, abbia inizio la tradizionale cerimonia dell’uccisione del porco, che termina proprio la sera del 17.
Nelle credenze religiose popolari il maiale simboleggia il male e nella iconografia di “Sant’Antonio” proprio il maiale “incarna” le molte seducenti tentazioni del diavolo e della transumanza.
Negli ultimi anni il Campanaccio è diventato un appuntamento di rilevanza nazionale arricchito da iniziative musicali e culturali.
Le maschere e la loro composizione
Non si hanno fonti certe e documentate dell’esistenza di una maschera relativa al campanaccio di san Mauro Forte in quanto si tratta di un rito che affonda le radici nella cultura pagana. Per quanto possa ricordare la mente umana e per le notizie tramandate di generazione in generazione, gli scampanatori hanno sempre svolto questo rito in totale libertà di espressione ornamentale e per lo più a volto scoperto, quasi a voler dimostrare la propria identità oappartenenza sociale.
Il simbolo, pertanto, rimane la campana: strumento che accomuna tutti e che diventa mezzo di rivalsa e tumulto sociale. Nei secoli scorsi erano per lo più i contadini a rappresentare questo rito per cui, negli anni, si è continuato ad esibire il tipico abbigliamento contadino composto da un: abito in velluto nero o marrone con calzari in lana all’altezza del ginocchio, pantaloni alla zuava, panciotto con taschino, camicia con la pistagna e talvolta dei cappelli.
Nei giorni nostri gli scampanatori più tradizionalisti usano questo tipo di abbigliamento, talvolta rivisitato o arricchito negli ornamenti, altrimenti si osservano abiti che richiamano al mondo pastorale, onirico o addirittura “moderno”.
Il campanaccio resta un rito che porta in se l’antico culto della terra, delle tradizioni, dell’amore verso la natura e del proprio borgo e allo stesso tempo ne risente degli impulsi del mondo contemporaneo che potano a un continuo modificarsi nel modo e nella forma di esprimersi.
Insomma il Campanaccio sin dalle sue origini resta una manifestazione “spontanea” di “liberi suonatori” di campanacci.
Periodo di svolgimento della manifestazione
NEI GIORNI 14-15-16-17 GENNAIO DI OGNI ANNO
Organizzatore
LAGUARDIA FRANCESCO
DEUFEMIA ANTONIO
sanmauroforteproloco@libero.it
FB: Pro Loco San Mauro Forte

San Mauro Forte
San Mauro Forte si trova arroccato su un’altura, situato in una posizione dominante che sovrasta l’intera valle del torrente Salandrella, primo tratto del fiume Cavone.
Immerso nei dolci declivi della Basilicata, il borgo è circondato da un paesaggio collinare e da spettacolari uliveti, che lo rendono celebre come “Città dell’Olio”, grazie alla sua eccellente produzione del prodotto base della dieta mediterranea.
Il centro abitato sorge su una collina a 540 m.s.l.m. nella parte centro-occidentale della Provincia. Il Comune fa parte delle Associazioni nazionali Borghi Autentici d’Italia, Città dell’Olio e del Movimento europeo Patto dei Sindaci.

Storia
Il borgo ha origini molto antiche, come testimoniato dai numerosi ritrovamenti avvenuti sul territorio. In località Timponi è stata scoperta una costruzione risalente all’VIII secolo a.C. ed in località Priati alcune tombe del IV secolo a.C. L’attuale centro risale all’epoca normanna, presumibilmente al 1060.

Il nome deriva da un antico monastero benedettino intitolato a San Mauro intorno al quale si sviluppò l’abitato, che fu completamente fortificato; l’accesso al paese era garantito da quattro porte, una delle quali presente ancora oggi, mentre sul lato est fu costruita una torre a tre piani, situata in quella che oggi è la piazza principale. L’aggettivo Forte fu aggiunto successivamente al nome San Mauro per ricordare come il paese riuscì a respingere le bande di briganti dello spagnolo Borjes nel 1861.
San Mauro Forte appartenne alla contea di Montescaglioso ed a partire dal ‘400 passò sotto il dominio degli Orsini Del Balzo prima, dei Del Balzo e successivamente dei Sanseverino, dei Carafa e dei Colonna. Nel 1751 San Mauro riuscì a liberarsi dal giogo feudale, quando fu riscattato da quattro acquirenti fra cui i d’Eufemia, già amministratori dei vecchi feudatari, che investiti del titolo di baroni si stabilirono in paese costruendovi le loro residenze all’interno delle mura medievali.

Patrimonio Culturale
Da non perdere per chi si reca a San Mauro Forte, l’antico borgo medievale, i suoi numerosi palazzi storici e la Torre Normanna. Quest’ultima, torre cilindrica a tre piani, con base circondata da un bastione poligonale, è ciò che resta dall’antico castello normanno-svevo che fu ristrutturato dagli Angioini. Tale torre per secoli è stata riprodotta in dipinti e stemmi familiari del luogo e, negli anni ’80, nella serie filatelica dei castelli.
I numerosi palazzi nobiliari sono risalenti al settecento: tutti presentano pregiati elementi ornamentali come portali in pietra, fregi floreali che testimoniano il rapporto che i proprietari ebbero con la cultura napoletana, documentato in particolare da dipinti di ispirazione partenopea presenti nelle cappelle private.

I palazzi più importanti sono: Palazzo Arcieri/Bitonti, con portale monumentale, Palazzo Lauria, con portale barocco del 1700, cappella privata e diversi mobili antichi all’interno, tra cui scrigni veneziani del 1600, Palazzo Del Turco, Palazzo Acquaviva, con cappella, Palazzo Deufemia, Palazzo Scalese, Palazzo Montesano, Palazzo Dimase, Palazzo Disanza, Palazzo Onorati.
Tra gli edifici religiosi degna di nota è la chiesa di Santa Maria Assunta, situata alle spalle della torre normanna, risale al 1553 come ricostruzione barocca di un edificio di culto precedente, completato nel medioevo. Conserva una croce del XVI secolo e una tela del 1700.
E poi la chiesa dell’Annunziata, che fu costruita a partire dalla fine del XV secolo dai francescani, insieme al grande Convento, alto cinque piani e occupante un’area di 4000 metri quadri. La chiesa presenta un portale del Cinquecento con stemmi sulle paraste e al suo interno sono conservate alcune opere di Antonio Stabile del 1580: l’Annunciazione e i Santi Francesco e Lorenzo. Infine, vi sono la Chiesa di San Rocco, la Cappella di Santa Maria del Rosario e la Cappella di San Vincenzo.
Enogastronomia
Il territorio fertile e a prevalente vocazione agricola, ha permesso nel corso dei secoli un particolare sviluppo e un ammirevole crescita qualitativa di alcuni prodotti specifici, come la salsiccia, l’olio e i formaggi.

La salsiccia è prodotta utilizzando esclusivamente carni suine allevate localmente a San Mauro oppure nei paesi limitrofi, a cui vanno aggiunti peperoni dolci, semi di finocchio selvatico e peperoncino piccante. La stagionatura minima è di 16 giorni circa.
Il prodotto di maggiore rilievo del borgo è però l’olio extravergine, la cui trasformazione artigianale viene portata avanti a livello familiare, tramandando le tradizioni secolari da padre in figlio. La varietà più diffusa sul territorio è la “cultivar majatica“, tipica della collina materana.
La sua resa, assicura produzioni di olio di notevole pregio. L’olio è di colore verde con riflessi gialli, al gusto delicato, ricco di note fruttate, lievemente amaro, pronto al consumo. Per questo è conosciuta e apprezzata dagli esperti del settore. La coltivazione degli ulivi e la traformazione dei loro frutti, sono parte fondamentale del tessuto culturale di San Mauro, affondando le proprie origini sino al tempo della Magna Grecia.
Tra i formaggi che si possono gustare a San Mauro, vi sono quelli della tradizione regionale, come il pecorino lucano, i formaggi caprini freschi aromatizzati con erbe e spezie, il canestrino, il caciocavallo podolico, la manteca, scamorze, oltre a burrate e mozzarelle.
Tra i piatti tipici si possono gustare: la rafanata, caratteristica del periodo di Carnevale, è una ricetta semplice che vede l’impiego di patate lesse schiacciate, uova sbattute, pecorino e rafano, infornati per creare una sorta di frittata. Infine, vi sono le imperdibili “orecchiette e maccheroni ai ferri con mollica fritta e salsiccia“, un particolare tipo di pasta fatta a mano, conosciuta anche come ferricelli, accompagnata dalla tradizionale mollica di pane fritta e la gustosa salsiccia sanmaurese.

